COSA FARE A MONTESPERTOLI

UN TERRITORIO DA VIVERE
E SCOPRIRE A PASSO D'UOMO

Acqua e paesaggi della memoria a Montespertoli-1

Itinerario 2. La collina di Botinaccio e Montecastello
L’itinerario

Si parte dallo slargo posto di fronte al Santuario di Santa Maria della Pace a Botinaccio (conosciuto come il Convento di Botinaccio). Vi è la possibilità su richiesta di visita del chiostro e della chiesa; questa è aperta nei giorni festivi per la celebrazione della Messa pomeridiana. Ci si muove imboccando via di Montecastello, ampia strada bianca contornata da due file di cipressi che si diparte dalla croce di legno ai piedi di un grande cipresso, proprio di fronte al Santuario. Dopo circa 100 si incontra una carrareccia campestre che a destra si infila nei campi e che noi trascuriamo. Continuando sull’ampia strada bianca si può notare, dove i cipressi alla nostra destra si diradano, ampi stralci di panorama verso E-SE con vista della lunga groppa del Pratomagno, sulla linea dell’orizzonte a dritto, più a destra (cioè verso SE) la silhouette del Chianti fiorentino con il monte San Michele (nei giorni limpidi si individuano i ripetitori sulla vetta). Su di un piano più vicino a noi si scorgono bene le tre groppe della Roveta e, di fonte ad essa, cioè ancora più vicino a noi, il crinale fra la valle del Turbone e quella del Virginio con il campanile della chiesa di San Donato a Livizzano. Si prosegue oltrepassando due case coloniche in rovina ai lati della strada (Casacce a sinistra e Torralta a destra; quest’ultima con stemma lapideo rifatto). Proseguendo alla nostra sinistra, terminati i cipressi si apre un ampio panorama verso O con evidentissima la ripida collina di San Miniato e la sua rocca medievale; a destra il profilo del monte Serra con la sommità popolata dalle antenne e, ancora più a destra (verso NO cioè), il profilo tormentato delle Alpi Apuane. Alla nostra destra il panorama si apre ulteriormente verso SE sul Chianti senese con il monte Luco che svetta su tutto il lungo crinale. Più vicino, la collina boscosa di San Quirico e, alla sua sinistra, le abitazioni di Montagnana. La nostra carrareccia rientra tra i cipressi e salendo arriva subito al cancello che dà accesso allo spazio antistante la bella villa di Montecastello, edificata alla metà del XVIII secolo intorno alla vecchia torre duecentesca di Bardo de’ Frescobaldi la cui cima svetta sul tetto dell’edificio seicentesco bugnato e con ampie finestre inginocchiate. La villa è chiusa e può essere vista solo dall’esterno del parco.
Si prosegue sulla strada che gira intorno alla villa da E inoltrandoci nel parco della Ragnaia tra i lecci ed i cipressi. Poco dopo (10’) si incontra sulla destra la vecchia strada comunitativa del Lastrino che univa Montecastello a Santa Maria a Pulica, sull’altro versante della valle del Turbone; si prende a seguire questa carrareccia in discesa con a fronte in primo piano la valle del torrente Turbone e la collina di Poggio Pancoli con a sinistra il campanile di San Donato a Livizzano e il ciuffetto di cipressi dov’è ubicata la bella fattoria di Poggio Capponi. Mentre si percorre la campestre si presti attenzione come cambia la litologia: i ciottoli biancastri e avana, rotondeggianti, lasciano il posto alle sabbie e alle argille che si notano chiaramente con il loro tipico colore azzurrino. Poco dopo si transita a fianco di un laghetto (costruito negli anni Sessanta del secolo scorso) in località Pozzaccia la stessa raffigurata in un quadro del 1660 che rappresenta una battuta di caccia in questo luogo; nel dipinto, sul confine allora esistente fra i coltivi del podere Lastrino ed il bosco, è riportata la fornace (da calce e da laterizio) della fattoria demolita negli anni Settanta del Novecento per far posto alla vigna. La fornace era posta non a caso qui perché proprio nel pianoro dove sono situati i due edifici colonici c’è il contatto fra il Conglomerato e le argille e sabbie, cioè i materiali da cuocere (Alberese a Argilla) durante la cottura. Si prosegue sulla carrareccia che immediatamente ci conduce al podere Lastrino (con pozzo) e poi Torricella (tracce di murature antiche). Si supera anche il podere Torricella e, cominciando a scendere di nuovo (colpo d’occhio sulla collina che ospita il borgo di Quarantola) si tiene la sinistra seguendo la campestre che si insinua fra un boschetto a cespuglio e la vigna con bel panorama a fronte sulla valle del Turbone e, più lontano, sul Monte Morello, il Falterona (visibile solo nelle giornate limpide) e il Pratomagno. Si giunge così al limitare del bosco (20’) e ci si infila dentro proseguendo a dritto usufruendo di una traccia che altro non è che la strada riportata nelle mappe del catasto lorenese di inizio Ottocento che collegava Montecastello a Pulica.
Si scende sempre dentro nel bosco con la stradello che mostra evidenti segni di corrosione delle acque e si tralasciano un paio di deviazioni laterali a destra tenendo la sinistra fino a che si giunge nel piano del Turbone, entrando in una piccola ma graziosa cipresseta al termine della quale troviamo un’ampia strada bianca parallela al corso d’acqua (30’). Svoltiamo a sinistra, guadiamo subito il fosso di Bucignone e poco dopo pieghiamo ancora a sinistra lasciando l’ampia carrareccia per prenderne una meno visibile e poco usata che si inoltra in un pianoro con vegetazione degradata e campi in abbandono, seguendo la linea elettrica e sottopassando l’elettrodotto. Nelle foto aeree del 1954 questi campi erano ancora coltivati, probabilmente dalla famiglia contadina che dimorava nel podere Quarantola (già presente nel Quattrocento) che vediamo di fronte a noi, in cima alla ripida collina in suggestiva posizione. Poco dopo l’esile traccia inizia a salire mostrando sempre più evidenti i segni dell’erosone delle acque meteoriche qui non più governate da decenni. Si continua a salire dolcemente fino a giungere nei pressi di un traliccio ENEL dove la nostra traccia gira seccamene a destra infilandosi fra le ginestre e diventando ancora più esile. Un ultimo tratto di salita ci conduce alla strada bianca che serve il nucleo rurale di Quarantola (50’). Svoltiamo a sinistra e cominciamo a percorrere la strada con ampie vedute sul crinale di fronte a noi che ospita il brutto insediamento in ‘stile toscano’ sorto al posto dell’antica villa-fattoria di proprietà nell’Ottocento del senatore Leonetti di Prato. A sinistra invece la boscosa vallecola del Bucignone e i alto la villa con il bosco intorno. Superata una piccola edicola, si sale ad un quadrivio (1h 05’): di fronte a noi, leggermente spostato a destra, l’antico nucleo della Marta (in parte ristrutturato) con bell’edificio colonico a pianta quadrangolare in primo piano, dall’aspetto massiccio ma ben proporzionato. La Marta si trova proprio sul confine comunale fra Montelupo e Montespertoli.
Teniamo la sinistra al quadrivio sfiorando subito il podere Amore e arrivando subito alla strada asfaltata che attraversiamo per infilarsi nel bosco mediante un’ampia carrareccia in piano che prima costeggia un campo aperto e poi, alla fine di questo, si tiene la sinistra nel dedalo di stradelli che si diradano nella cipresseta. Mentre camminiamo alla nostra destra fa la sua comparsa il cimitero di Botinaccio; noi proseguiamo sulla stradello che si allontana dal cimitero conducendo alla strada asfaltata poco distante per abbandonarlo quais subito tenendo la destra e prendendo la campestre che bordeggia i campi. Si supera una breve ma ripida discesa a cui fa seguito una salita nella boscaglia e poi fra gli olivi fino a sbucare su via delle Rose, cioè a dire il villaggio di Botinaccio (1h 20’). Si prende via delle Rose a destra (fondo sterrato) che punta verso due dimore rurali in pietra e mattoni con, alla sinistra più in alto la massiccia sagoma del Palazzaccio, dimora medievale (poi trasformata) dei Frescobaldi. Subito dopo aver superato le due case Refettorio e le Rose si trova sulla destra, seminascosto dalla vegetazione, inserito nella cortina muraria superstite il pozzo delle Rose, mentre a sinistra si individua il “pillone del Palazzaccio”, costituito come gli altri pilloni di Botinaccio da tre contenitori di acqua tra loro comunicanti: il bottino, chiuso ed accessibile da un portello oggi murato, che serviva per attingere l’acqua potabile, l’abbeveratoio per gli animali e il lavatoio per il risciacquo dei panni. Tutto il borgo storico di Botinaccio sorge su di un piccolo pianoro pianeggiante, a forma di mezzaluna, esteso per circa un ettaro e mezzo, con i bordi segnati da un netto salto di quota di qualche metro. La litologia affiorante è il Conglomerato ma sotto di esso pare trovarsi una lente di argilla che dà ragione dell’acqua sorgiva che fuoriesce in più punti alla base di questo piccolo pianoro. L’uomo, fin dai secoli passati, ha tenuto in altissima considerazione questa presenza, vitale nelle epoche storiche, anche in forme minimali, e questo spiega la presenza non solo dell’etimologia del microtoponimo Botinaccio, ma anche la presenza tutto intorno al borgo storico di pozzi, pilloni, lavatoi, cisterne di accumulo per il preziosissimo liquido.
Lasciato il pillone sulla sinistra si prosegue salendo una breve rampa, si transita di fronte ad una abitazione e si arriva in un piccolo spiazzo in prossimità del Palazzaccio, abbandonato da decenni con bel portale in pietra serena seicentesco e finestre contornate dalla stessa pietra.
Si prosegue verso destra, in direzione della vicina chiesa di Santa Maria a Botinaccio (pesantemente ristrutturata nell’Ottocento e nel Novecento) che superiamo fino ad arrivare di nuovo alla strada asfaltata.
Si prosegue a dritto infilandosi nel piccolo sentiero che ‘buca’ la macchia per poi svoltare seccamente a destra una volta nel campo e proseguire lungo la viottola posta in testa alla vigna e parallela alla strada maestra. Si prosegue lungo una seconda vigna e poco prima che finisca scendiamo il piccolo ciglio e siamo sulla strada asfaltata in corrispondenza di un muretto posto a fianco della carreggiata. Affacciandosi si può notare il consistente salta di quota che il piano di campagna compie fra una parte della strada e l’altra; a sostenere la strada infatti è un possente muraglione in mattoni e pietre che reca la centro del suo sviluppo orizzontale un altissimo arco, molto stretto, che ospita una serie di gradoni in pietra sopra i quali scorre l’acqua del nascente rio Tomba di Berto. Si prosegue lungo la strada salendo la breve ascesa fino alla sommità (attenzione alle auto); in questo preciso punto svoltiamo a sinistra prendendo la carrareccia campestre che, sempre in salita, punta verso i vicini ruderi colonici. Passiamo nel mezzo per poi tenere leggermente la destra, arrivando subito su via di Montecastello, percorsa in precedenza. Svoltiamo a destra e la percorriamo fino al visibile Santuario di Santa Maria della Pace, dove l’itinerario ha termine (1h 40’).

Gallery

Informazioni

DOVE
Parte NO del territorio comunale; Santuario di S. Maria della Pace, villa di Montecastello e borgo di Bottinaccio.
TEMPO DI PERCORRENZA
1h 40′
TEMPO DI PERCORRENZA
2h 15′
LUNGHEZZA DEL PERCORSO
km 5,5
DISLIVELLO TOTALE
m 330
GRADO DI DIFFICOLTÀ
facile
TIPOLOGIA DELLA PASSEGGIATA
Paesaggistica e storico-architettonica; percorso ad anello
RIFORNIMENTI DI ACQUA LUNGO IL PERCORSO
Si, presso alcune abitazioni che si incontrano
ALCUNI CONSIGLI PRATICI
Durante la stagione estiva si sconsiglia di percorrere questo itinerario nella parte centrale della giornata perché è in buona parte esposto al sole. Nel periodo autunno-invernale e primaverile va bene qualsiasi momento della giornata.

Cartografia
2. CARTOGRAFIA_La collina di Botinaccio e Montecastello
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