Don Giulio Gradassi

Un atto eroico di solidarietà verso gli ebrei perseguitati

Quando dopo l’8 settembre 1943, con l’occupazione tedesca e l’avvento della Repubblica Sociale Italiana, si scatena la caccia agli ebrei, la chiesa fiorentina si attivo’ a difesa dei perseguitati. Grazie all’azione di un comitato clandestino DELASEM, costituitosi a Firenze per iniziativa del vescovo Elia Dalla Costa e del rabbino Nathan Cassuto, si cerco’ di dare un aiuto ai numerosi profughi ebrei che giungevano in citta’. Incurante del pericolo, don Giulio Gradassi apri’ le porte della sua canonica a Castiglioni ad accogliere tre profughi ebrei polacchi giunti da Trieste: il dott. Rubin Pick, sua sorella Sonia e sua madre Henia. Con la famiglia Pick si stabili’ immediatamente un rapporto di profondo rispetto ed amicizia che coinvolse l’intera comunità locale a Castiglioni e nella limitrofa parrocchia di San Donato a Livizzano dove don Giuseppe Santini si uni’ a don Gradassi nella cura ai rifugiati. Dopo la guerra, il dott. Pick, emigrato negli Stati Uniti, tornerà più volte a trovare l’amico sacerdote, insistendo perché la sua azione eroica fosse pubblicamente riconosciuta con il conferimento dell’onorificenza di “giusto tra le nazioni”.

La Montespertoli che salvò gli ebrei

L’azione di don Gradassi fu tutt’altro che isolata. Nei tragici mesi della persecuzione, l’intero paese di Montespertoli si strinse compatto a protezione degli ebrei presenti sul suo territorio. Oltre alla famiglia Pick, particolarmente rilevante fu il salvataggio della famiglia Manni (gli zii di don Lorenzo Milani), che con i loro familiari si erano stabiliti a Montespertoli in tempo di guerra. Grazie alla protezione ricevuta dalle autorià locali e dall’intera popolazione poterono lasciare in tempo la loro residenza a Trecento e sfuggire all’ordine di arresto della Questura di Firenze, trovando rifugio in luoghi più sicuri a Siena, Firenze e Roma. A Gigliola rimase invece sempre la madre di don Lorenzo, Alice Weiss, che abbandono’ la villa di campagna solo nei giorni convulsi del passaggio del fronte. Tra quanti – rischiando la loro stessa vita – si adoperarono in aiuto dei ricercati, spiccano nelle fonti e nei ricordi, oltre a don Giulio Gradassi, anche il segretario comunale Tullio Sperduti e il maresciallo dei carabinieri Carmelo Gorgone. Ma in effetti si tratto’ di uno sforzo collettivo e solidale che coinvolse l’intera comunità montespertolese – mezzadri, braccianti, parroci, fattori, proprietari terrieri – in particolare nelle frazioni di Gigliola, Trecento e Castiglioni. Nonostante le ricompense previste per i delatori, nessuno degli ebrei presenti sul territorio sarà arrestato o perirà nella Shoah. Alcuni dei loro discendenti risiedono tuttora a Montespertoli.

Alla scoperta della Montespertoli ebraica

Montespertoli non e’ un luogo storico della presenza ebraica in Toscana. Non e’ mai stata sede di comunità. A partire dall’Ottocento tuttavia alcune famiglie ebraiche vi si trasferirono come proprietari terrieri: i Sonnino già nel 1840 nel capoluogo, i Milani (a Gigliola) nel 1914 e i Manni (a Trecento) nel 1934. Ad essi si aggiunsero nel corso della seconda guerra mondiale i Pick, la famiglia di profughi polacchi che trovo’ rifugio a Castiglioni nella canonica di don Gradassi, adiacente alla Villa Frescobaldi. Una visita alle quattro Fattorie (Castello Sonnino, Gigliola, Trecento e Castiglioni) offre l’opportunità di riscoprire luoghi di accoglienza e ospitalità, carichi di memorie storiche e tuttora centri vitali dell’economia dell’olio e della vite.

Per approfondire

Gabriele Boccaccini, autore del libro
Montespertoli che salvo’ gli ebrei, 1943-44
Edizioni Polistampa, Firenze, 2024.

Paolo Levrero, autore del libro
L’ebreo don Milani
Il melangolo, Genova, 2013

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